News25/08/2005 08:18
Soragna, il capitano: «E’ un onore»
A Teo la fascia che fu di Marconato e di Pittis: le analogie che accomunano i due numeri 7
Pronto, è il nuovo capitano della Benetton Basket? «Sì, sono io...». Non si vede, ma c’è da scommettere che sta sorridendo, Matteo Soragna, dal ritiro della nazionale a Rimini. E ne ha ben donde. Arrivato da Biella in punta di piedi, quasi scusandosi di essere lui l’erede in qualche modo del suo mito da ragazzino, Riccardo Pittis, adesso questo ragazzo mantovano con sopracciglie alla Bergomi sta diventando la bandiera di una Benetton alla ricerca di nuovi punti di riferimento: partiti Bulleri e Marconato nessuno infatti può vantare un’anzianità di servizio superiore ai due anni.
Soragna non è l’unico ma per la generosità che lo caratterizza quando gioca, per la sua serietà ed attaccamento ai colori biancoverdi questa investitura era nell’aria. E già il fatto del contratto allungato sino al 2009 faceva capire che l’erede di Marconato non poteva essere che lui. Prima di Teo tutti «ragazzi» che hanno fatto la storia della società Benetton: Adriano Zin (1979-1983), Vittorio Ferracini (1983-1986), Paolo Vazzoler (1986-1990), Massimo Iacopini (1990-1995), Andrea Gracis (1995-1998), Riccardo Pittis (1998-2004). «E’ davvero un onore essere diventato l’ottavo capitano di Treviso - dice Soragna - ho parlato l’altro giorno con Blatt e Gherardini, l’ho saputo da loro: dopo le partenze di Denis e Bullo forse un po’ dovevo aspettarmelo però ugualmente vi assicuro che è sempre una bella emozione». Ci sono delle analogie con Pittis: identici numero e destino. «Sì, però c’è una piccola differenza: Ricky ha vinto tutto, anche prima di arrivare a Treviso, io non ho ancora vinto nulla, a parte una Coppa Italia». Caso mai ne riparliamo fra 11 anni... «Beh, Pittis alla mia età aveva già una collezione di trofei». Giocare da capitano per te sarà un’ ulteriore motivazione? «Io non credo da questo punto di vista di avere bisogno di stimoli ulteriori, ed il mio rapporto all’interno dello spogliatoio non cambierà assolutamente, tuttavia è normale che questo rappresenti per me un momento davvero importante, perché un pò responsabilizzato mi sento». Cosa cambia passare da giocatore «normale» a capitano? «Se qualche mio compagno avrà bisogno di qualcosa si rivolgerà a me, io in questo caso farò da tramite. Il rapporto con gli arbitri non cambierà di molto, chi più chi meno in campo parlano tutti». Potresti partire come sesto uomo: capitano non titolare, altra analogia con Pittis...«L’importante è essere in campo, titolare o non titolare è una questione che non mi pongo: l’anno scorso avevo davanti Garnett e Siskauskas eppure credo di essere stato impiegato abbastanza (27 minuti di media ndr). Io sono venuto a Treviso per giocare e vincere. Chiaro che nei momenti topici della gara ognuno vorrebbe esserci, ma queste sono decisioni che deve prendere il coach». Adesso sei in azzurro: ci pensi a questo fatto del capitano? «In queste circostanze bisogna solo essere concentrati per fare un buon lavoro con la nazionale. Quando sono qui penso esclusivamente a questo, quando sarò a Treviso mi dedicherò completamente alla Benetton».
(Silvano Focarelli)
Soragna non è l’unico ma per la generosità che lo caratterizza quando gioca, per la sua serietà ed attaccamento ai colori biancoverdi questa investitura era nell’aria. E già il fatto del contratto allungato sino al 2009 faceva capire che l’erede di Marconato non poteva essere che lui. Prima di Teo tutti «ragazzi» che hanno fatto la storia della società Benetton: Adriano Zin (1979-1983), Vittorio Ferracini (1983-1986), Paolo Vazzoler (1986-1990), Massimo Iacopini (1990-1995), Andrea Gracis (1995-1998), Riccardo Pittis (1998-2004). «E’ davvero un onore essere diventato l’ottavo capitano di Treviso - dice Soragna - ho parlato l’altro giorno con Blatt e Gherardini, l’ho saputo da loro: dopo le partenze di Denis e Bullo forse un po’ dovevo aspettarmelo però ugualmente vi assicuro che è sempre una bella emozione». Ci sono delle analogie con Pittis: identici numero e destino. «Sì, però c’è una piccola differenza: Ricky ha vinto tutto, anche prima di arrivare a Treviso, io non ho ancora vinto nulla, a parte una Coppa Italia». Caso mai ne riparliamo fra 11 anni... «Beh, Pittis alla mia età aveva già una collezione di trofei». Giocare da capitano per te sarà un’ ulteriore motivazione? «Io non credo da questo punto di vista di avere bisogno di stimoli ulteriori, ed il mio rapporto all’interno dello spogliatoio non cambierà assolutamente, tuttavia è normale che questo rappresenti per me un momento davvero importante, perché un pò responsabilizzato mi sento». Cosa cambia passare da giocatore «normale» a capitano? «Se qualche mio compagno avrà bisogno di qualcosa si rivolgerà a me, io in questo caso farò da tramite. Il rapporto con gli arbitri non cambierà di molto, chi più chi meno in campo parlano tutti». Potresti partire come sesto uomo: capitano non titolare, altra analogia con Pittis...«L’importante è essere in campo, titolare o non titolare è una questione che non mi pongo: l’anno scorso avevo davanti Garnett e Siskauskas eppure credo di essere stato impiegato abbastanza (27 minuti di media ndr). Io sono venuto a Treviso per giocare e vincere. Chiaro che nei momenti topici della gara ognuno vorrebbe esserci, ma queste sono decisioni che deve prendere il coach». Adesso sei in azzurro: ci pensi a questo fatto del capitano? «In queste circostanze bisogna solo essere concentrati per fare un buon lavoro con la nazionale. Quando sono qui penso esclusivamente a questo, quando sarò a Treviso mi dedicherò completamente alla Benetton».
(Silvano Focarelli)
share