News14/06/2005 13:53
C’è un po’ di Sicc-Scavolini tra i giganti
Tre ex jesini contro due ex pesaresi: nella finale scudetto Armani-Bologna ci siamo anche noi
E’ come stare fuori, al freddo, col naso appiccicato alla vetrina del negozio: dentro, l’irraggiungibile vassoio di paste. Tra Bologna e Milano si gioca lo scudetto del basket, e le Marche sono al mare (o davanti alla tivù) da diverse settimane. La Scavolini ha buttato via clamorosamente la qualificazione ai playoff (stagione incredibile, alti e bassi da mal di mare: quinto posto in Eurolega e nono in Italia), la Sicc ha fallito di un soffio la salvezza (obiettivo difficile ma non irraggiungibile per la squadra del patron Latini). Pesaro manca dalla finale-scudetto dai tempi di Carlton Myers, quanto a Jesi l’A1 è stata una fuggevole esperienza sfumata in pochi mesi. Eppure c’è molto di marchigiano nelle due finaliste: prima di tutto, entrambe sono state fiere rivali della Scavolini, in passato. L’attuale Armani Milano, in particolare, era diventata una sorta di tormentone ai danni dei biancorossi (due finali scudetto e due di Coppa Italia finite tutte allo stesso modo) prima che Valerio Bianchini guidasse la sua truppa al primo scudetto in riva all’Adriatico. Sale Djordjevic, Joseph Blair, Mario Gigena, Joseph Singleton, Rodolfo Rombaldoni. Tre ex-jesini contro due ex-pesaresi, i primi quattro in maglia Armani e il solo Rombaldoni a difendere i colori della Climamio Bologna, con il compito niente male di fare scordare un certo Gianmarco Pozzecco.
Il nome di Djordjevic riapre una ferita nel cuore dei tifosi pesaresi. La chiusura del suo rapporto con la Scavolini (e lasciamo stare i retroscena economici) è avvenuta nel peggior modo possibile, resta il fatto che il suo primo anno pesarese è stato splendido e che avere avuto in maglia Scavolini un giocatore del suo livello è stato un onore per tutta la città.
Joseph Blair è arrivato a Pesaro, come spesso capita, per aver contribuito fortemente a una sconfitta della squadra biancorossa: successe sei anni fa nei playoff per la promozione in A1, lui giocava con la Fila Biella. Poi Joseph si è fatto amare alla follia. Per la sua carica umana (prima di Tusek, fu lui il vero capo ultras e colui che inventò il giro di campo finale con tanto di high five al pubblico a bordocampo: non per nulla è un ex-Harlem Globetrotters) e le sue doti atletiche: è tutt’ora uno dei lunghi più veloci del campionato, eppure con coach Lino Lardo ha imparato a essere determinante anche giocando a due all’ora. Armani gli sta preparando il vestito (bianco: vorremmo esserci) per l’imminente matrimonio negli USA, ma per ora c’è da giurarci che Joe abbia altro per la testa.
I tre ex-jesini hanno vissuto storie diverse. Cavalletta Singleton, pur con alti e bassi, è stato una delle rivelazioni dell’intera stagione. Seppure il tiro non sempre è andato, ha saputo comunque dare contributi importanti alla squadra: rimbalzi, recuperi, difesa e, specialmente ora, forza fisica in playoff dove il fioretto serve pochissimo e la clava invece sì che conta. Onore al merito di chi l’ha scoperto dal nulla, il magico James, e cioè a Gigio Gresta che poi se l’è visto soffiare l’anno successivo.
Mario Gigena è sempre stato il fratello minore di Silvio, ma da quest’anno si potrà dire semmai che Silvio è il suo fratello maggiore. Sono toccati a Gigena junior, infatti, i riflettori di una finale (vissuta in quintetto, poi) cui il capitano della Scavolini non è mai arrivato. A Jesi lo ricordano come una colonna della squadra (ultima stagione, due anni orsono, con medie di 15 punti, 48% da due, 40% da tre, 81% ai liberi, 3.4 rimbalzi e 2.2 recuperi per partita), a Milano ha trovato spazio anche ai piani alti.
Dodo Rombaldoni, infine. E’ nato in provincia di Pesaro, ma la frase ‘nemo propheta in patria’ la porta scolpita in fronte: mai riuscito ad affermarsi dalle nostre parti, e l’ultima mezza stagione alla Sicc, tutto sommato, ha confermato la nemesi. Dopo i trionfi olimpici (vederlo in finale con l’Argentina allargava il cuore: Urbania caput mundi) purtroppo a Jesi non è andata bene: anche alla Fortitudo Dodo fatica un po’ (problemi muscolari), ma lo scudetto sarebbe la migliore medicina.
GIACOMO MARIOTTI
Il nome di Djordjevic riapre una ferita nel cuore dei tifosi pesaresi. La chiusura del suo rapporto con la Scavolini (e lasciamo stare i retroscena economici) è avvenuta nel peggior modo possibile, resta il fatto che il suo primo anno pesarese è stato splendido e che avere avuto in maglia Scavolini un giocatore del suo livello è stato un onore per tutta la città.
Joseph Blair è arrivato a Pesaro, come spesso capita, per aver contribuito fortemente a una sconfitta della squadra biancorossa: successe sei anni fa nei playoff per la promozione in A1, lui giocava con la Fila Biella. Poi Joseph si è fatto amare alla follia. Per la sua carica umana (prima di Tusek, fu lui il vero capo ultras e colui che inventò il giro di campo finale con tanto di high five al pubblico a bordocampo: non per nulla è un ex-Harlem Globetrotters) e le sue doti atletiche: è tutt’ora uno dei lunghi più veloci del campionato, eppure con coach Lino Lardo ha imparato a essere determinante anche giocando a due all’ora. Armani gli sta preparando il vestito (bianco: vorremmo esserci) per l’imminente matrimonio negli USA, ma per ora c’è da giurarci che Joe abbia altro per la testa.
I tre ex-jesini hanno vissuto storie diverse. Cavalletta Singleton, pur con alti e bassi, è stato una delle rivelazioni dell’intera stagione. Seppure il tiro non sempre è andato, ha saputo comunque dare contributi importanti alla squadra: rimbalzi, recuperi, difesa e, specialmente ora, forza fisica in playoff dove il fioretto serve pochissimo e la clava invece sì che conta. Onore al merito di chi l’ha scoperto dal nulla, il magico James, e cioè a Gigio Gresta che poi se l’è visto soffiare l’anno successivo.
Mario Gigena è sempre stato il fratello minore di Silvio, ma da quest’anno si potrà dire semmai che Silvio è il suo fratello maggiore. Sono toccati a Gigena junior, infatti, i riflettori di una finale (vissuta in quintetto, poi) cui il capitano della Scavolini non è mai arrivato. A Jesi lo ricordano come una colonna della squadra (ultima stagione, due anni orsono, con medie di 15 punti, 48% da due, 40% da tre, 81% ai liberi, 3.4 rimbalzi e 2.2 recuperi per partita), a Milano ha trovato spazio anche ai piani alti.
Dodo Rombaldoni, infine. E’ nato in provincia di Pesaro, ma la frase ‘nemo propheta in patria’ la porta scolpita in fronte: mai riuscito ad affermarsi dalle nostre parti, e l’ultima mezza stagione alla Sicc, tutto sommato, ha confermato la nemesi. Dopo i trionfi olimpici (vederlo in finale con l’Argentina allargava il cuore: Urbania caput mundi) purtroppo a Jesi non è andata bene: anche alla Fortitudo Dodo fatica un po’ (problemi muscolari), ma lo scudetto sarebbe la migliore medicina.
GIACOMO MARIOTTI
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