News21/11/2003 08:33

Iellini: «Quando c’era il fiasco...»

L’ex cestista e allenatore ricorda i suoi trascorsi a Trieste e Varese


Giulio e Cesare, nomi impegnativi, da predestinati. Si sono spartiti l’impero delle «scarpette rosse», coppe, trofei, scudetti e maglie azzurre, poi hanno imboccato strade diverse. In qualche modo il «Principe» (Rubini) regna ancora, l’ex direttore d’orchestra (Iellini), invece, ha deciso di staccare la retina e da anni ormai persino tessera di allenatore è finita nell’angolino dei ricordi. Insensibile pure al richiamo del sangue cestistico di Trieste-Varese, suoi vecchi cuori fatti con la palla a spicchi? «Iello», canestri in gioventù al «Brunner» e gli ultimi ad alto livello nella grande Mobilgirgi allenata da Sandro Gamba, non lo smuovi dal suo eremo di periferia, in cui trova quotidianamente il mare della tranquillità grazie ad Anna e Carlotta.
Dopo la cinquantina si è dovuto inventare una nuova vita professionale e adesso lavora nell’import-export, non prima di aver cercato di mettere a disposizione degli altri un pozzo di esperienza sportiva. «Questo mondo della pallacanestro non mi appartiene», dice con fare disincantato e ricorda: «Bosco può rendere l’idea di come venissero considerati certi principi. C’erano giocatori che reagivano a delle pesanti sconfitte portando il fiasco di vino in pullman. Vi risparmio ulteriori particolari poco edificanti. In varie occasioni volevo andarmene e mi hanno fatto tornare sulle mie decisioni, salvo in seguito darmi il benservito perché, sostenevano, bisognava una scossa alla squadra. In tasca, alla fine del mese, mi venivano 500 mila lire».
Iellini si era illuso che determinate regole potessero valere per sempre. Come quelle dettate dall’amico americano che lo aveva eletto suo successore al Simmenthal Milano e non a caso Giulio venne soprannominato il «Bill Bradley» italiano. L’ex stella dei Knicks di New York all’epoca in cui si candidò alla Casa Bianca diede alle stampe un libro nel quale illustrava i significati del gioco e riportava una frase celebre presa a prestito da un suo vecchio coach che ci sembra di estrema attualità: «Se non vi allenate, da qualche parte c’è qualcuno che si sta allenando più di voi».
«Con le debite proporzioni - sottolinea “Iello” - Bradley si è ricordato del sottoscritto più di quanto non lo abbiano fatto coloro i quali ritenevo potessero darmi una mano. Non mi sono mai appoggiato agli agenti ritenendo che questi fossero rappresentati meglio dagli amici. Per parecchio tempo ho consumato la cornetta del telefono senza successo e allora ho deciso di chiudere con l’ambiente. Probabilmente sono rimasto fuori dal “giro” per troppo tempo, forse mi ritenevano un personaggio scomodo, chissà. Si parlava di riappropriarsi di una identità triestina del dopo-Stefanel e a spasso rimasi io»
Più amarezza che veleno o rimpianto. E nonostante le delusioni nel girovagare per la penisola la voglia di tornare in palestra rimane intatta. Una persona come lui che in passato ha rinunciato a tutto, villa sul lago di Bracciano compresa, a favore dei figli avuti dal primo matrimonio, non ne farebbe certo una questione di soldi. Ma non chiedetegli di fare la vecchia gloria al PalaTrieste nemmeno per salutare Dodo Rusconi, già avversario e suo allenatore con la maglia di Vigevano. Le passerelle non gli sono mai piaciute, per questo non sarà presente al revival fra Cantù e Varese in programma il 14 dicembre. Guarda a Trieste in prospettiva e ammonisce: «Teniamoci stretta la A1, se si fa un passo indietro non si recupera più».
Severino Baf

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