News24/10/2003 09:57
Banchi, un mare di accuse ai suoi
«Bisogna dare il massimo, mi sento battuto dalla mia squadra»
Luca Banchi arriva in sala stampa e non sente neanche i complimenti di Teo Alibegovic. Legge lo scout, aspetta il suo turno, poi apre il rubinetto delle accuse. «Livorno è stata battuta da Livorno. Mi sento sconfitto dalla mia squadra». Un fulmine che annuncia la tempesta verbale del coach amaranto. Eccola: «Alla fine è mancato sempre il guizzo, la malizia per quantificare lo sforzo compiuto per rimediare a quella falsa partenza. Credevo, una volta rientrati in partita nel secondo quarto, di aver archiviato quell’inizio così tenero e invece ci siamo ricascati. Il terzo tempino è stato esattamente come il primo. Molle, ingenuo, immaturo di fronte alle sollecitazioni imposte dalla situazione. Sapevamo che tipo di avversario c’era davanti: conoscevamo l’atletismo di Hicks, l’ecletticità di Kelecevic, le iniziative di Shannon e Vujacic. Una volta riconosciuta la partita e ricucito lo svantaggio dopo quell’approccio vergognoso, siamo invece ripiombati dentro i nostri peccati. Troppe ingenuità, una ingenuità insostenibile. Quando l’atteggiamento difensivo degli avversari cresce saltano fuori i nostri difetti».
L’accusa. Banchi tira un attimo il fiato, poi riapre gli idranti: «La carta d’identità non è una giustificazione - sottolinea con forza -. È un problema di categoria: esistono i giocatori e i non giocatori. Nella Mabo chi era importante ora ha un ruolo determinante, e deve rendersi conto delle cose che fa, del peso che hanno le sue azioni all’interno della squadra. Ripeto, non siamo stati battuti dalla Snaidero, ma da Livorno e questa è una cosa allarmante per il futuro. Sapevamo di avere dei difetti, di avere qualcosa in meno di altri dal lato tecnico, ma qui il discorso è un altro: non riusciamo a far violenza all’egoismo individuale, alla superficialità. Siamo bravi solo a complicarci la vita, capaci di fare di tutto e di più». Una partita con dentro mille episodi, tante disattenzioni, tanti fotogrammi. Banchi taglia corto: «Potrei citare cinquecento episodi - dice con furore - mancati tagliafuori, errato posizionamento difensivo, passaggi fatti con la testa nelle nuvole. A Treviso avevamo dato grandi meriti alla voglia di riscatto della Benetton, ma qui essere rimasti in partita fino a un minuto dalla fine nonostante questa lista infinita di errori mi fa sentire ancora più incavolato. Stiamo giocando in serie A1, non nel torneo della parrocchia. Accanto a Bell è mancata la collaborazione della squadra. Un gruppo come il nostro, già debole ai rimbalzi e come talento, deve giocare con la massima disciplina. Non d’istinto, né con presunzione. Il campionato è spietato, non ci aspetta. Faccio appello alla sensibilità dei ragazzi perché con questo atteggiamento si va poco lontani».
La voce di Teo. Alibegovic, coach e general manager, si gode la vittoria. «Avevamo preparato bene la partita, sapevamo che il primo obiettivo era fermare Bell e su di lui abbiamo speso falli, tante energie. In compenso non potevamo dimenticare Garri e Brown, e alla fine la nostra fatica è stata ripagata. Anche noi abbiamo commesso delle ingenuità, permesso alla Mabo di rientrare in partita, ma vi ricordo che abbiamo alcuni esordienti in A1 italiana e dei giocatori giovani come Vujacic e Zacchetti. Coi giovani devi avere pazienza: chi non ha pazienza perde la scommessa».
(re.mar.)
L’accusa. Banchi tira un attimo il fiato, poi riapre gli idranti: «La carta d’identità non è una giustificazione - sottolinea con forza -. È un problema di categoria: esistono i giocatori e i non giocatori. Nella Mabo chi era importante ora ha un ruolo determinante, e deve rendersi conto delle cose che fa, del peso che hanno le sue azioni all’interno della squadra. Ripeto, non siamo stati battuti dalla Snaidero, ma da Livorno e questa è una cosa allarmante per il futuro. Sapevamo di avere dei difetti, di avere qualcosa in meno di altri dal lato tecnico, ma qui il discorso è un altro: non riusciamo a far violenza all’egoismo individuale, alla superficialità. Siamo bravi solo a complicarci la vita, capaci di fare di tutto e di più». Una partita con dentro mille episodi, tante disattenzioni, tanti fotogrammi. Banchi taglia corto: «Potrei citare cinquecento episodi - dice con furore - mancati tagliafuori, errato posizionamento difensivo, passaggi fatti con la testa nelle nuvole. A Treviso avevamo dato grandi meriti alla voglia di riscatto della Benetton, ma qui essere rimasti in partita fino a un minuto dalla fine nonostante questa lista infinita di errori mi fa sentire ancora più incavolato. Stiamo giocando in serie A1, non nel torneo della parrocchia. Accanto a Bell è mancata la collaborazione della squadra. Un gruppo come il nostro, già debole ai rimbalzi e come talento, deve giocare con la massima disciplina. Non d’istinto, né con presunzione. Il campionato è spietato, non ci aspetta. Faccio appello alla sensibilità dei ragazzi perché con questo atteggiamento si va poco lontani».
La voce di Teo. Alibegovic, coach e general manager, si gode la vittoria. «Avevamo preparato bene la partita, sapevamo che il primo obiettivo era fermare Bell e su di lui abbiamo speso falli, tante energie. In compenso non potevamo dimenticare Garri e Brown, e alla fine la nostra fatica è stata ripagata. Anche noi abbiamo commesso delle ingenuità, permesso alla Mabo di rientrare in partita, ma vi ricordo che abbiamo alcuni esordienti in A1 italiana e dei giocatori giovani come Vujacic e Zacchetti. Coi giovani devi avere pazienza: chi non ha pazienza perde la scommessa».
(re.mar.)
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