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LBA Under 23 – Matteo Librizzi: “La società ha sempre creduto in me e quest'anno ha creato una famiglia in cui tutti sono importanti allo stesso modo”

Il debutto in Serie A, la vittoria della Next Gen Cup e la spiaggia in Portogallo

LBA Under 23 – Matteo Librizzi: “La società ha sempre creduto in me e quest'anno ha creato una famiglia in cui tutti sono importanti allo stesso modo”

In piena forma, Matteo Librizzi si gode la classifica della sua Varese e l'accesso alla Frecciarossa Final Eight in programma dal 15 al 19 febbraio. Un momento magico che nemmeno il piccolo passo falso nella trasferta di Trento può cancellare, anzi subire una sconfitta spesso ti sprona a non abbassare la guardia e a migliorare ogni dettaglio possibile (come dimostrato nell'anticipo di ieri contro Brescia). In un certo senso però giocare contro la Dolomiti Energia risveglia sempre ricordi magici alla mente del classe 2002 che a breve festeggerà l'anniversario dei primi punti segnati in Serie A. L'avversario in quel 30 gennaio 2022 fu proprio la compagine trentina ospite alla Enerxenia Arena, ma il ricordo più bello di tutti fu l'abbraccio con nonna Marisa nel post-gara.

“Fu una cosa inaspettata, perché ero il giovane di Varese già da un anno e avevo assistito le partite prevalentemente dalla panchina, ma non mi aspettavo di giocare così tanto ed essere il protagonista quel giorno. Il fatto che fosse inatteso e un po' l'emozione di giocare davanti alle persone che conosco da una vita, nella mia città e con la maglia della squadra per cui tifo ha rappresentato un milione di emozioni tutte racchiuse in un unico momento. Nel momento in cui ho messo piede in campo sono riuscito a contenerle facendo ciò che l'allenatore mi aveva chiesto e ciò di cui aveva bisogno la squadra, però una volta finita la partita d'istinto la prima cosa che mi è venuta in mente è stata andare da mia nonna – anche lei visibilmente emozionata – e ci siamo abbracciati. Siamo molto legati non solo per la pallacanestro, ma anche per tutto il resto; tuttavia, lei non si è mai persa una mia partita a partire dal mini-basket al settore giovanile e ora con la prima squadra”.

Un'emozione difficile da dimenticare per un ragazzo non ancora ventenne che sente sulle spalle il peso di una responsabilità non per tutti, ma accolta con grande prontezza e determinazione. Nella seconda metà della stagione passata è stato uno dei giovani più utilizzati e non con un ruolo marginale, bensì partendo titolare in undici partite di cui dieci consecutive; tutto ciò è servito per farlo crescere ma anche per dimostrare quanto un giovane possa essere già pronto se messo nella giusta condizione per esprimersi.

“Era da tempo che si parlava con il coach di darmi una chance da titolare, però la prima sensazione fu proprio di sorpresa perché non me lo aspettavo e non sapevo come reagire. Il progetto ad inizio anno era di fare il dodicesimo in panchina, aiutare negli allenamenti e poi giocare con la Robur; perciò all'inizio la pressione si è sentita, però dal momento in cui sono sceso in campo tutto quello che c'è fuori là rimane e quindi la vivo abbastanza tranquillamente”

L'ambizioso progetto dell'Openjobmetis Varese firmato sul campo da Luis Scola, Michael Arcieri e Matt Brase ha voluto come volto principale quello di Matteo Librizzi. La sua è stata la prima conferma arrivata la scorsa estate e ha significato molto per il ragazzo – lusingato dalla decisione e orgoglioso di giocare per la propria città – oltre ad aver impresso un marchio indelebile sulle idee della società: una pallacanestro giovane che parta dai frutti del proprio seminato.

“Mi ha dato subito grandissima fiducia. Ne avevamo già parlato sia con il General Manager (Michael Arcieri, ndr) sia con Luis Scola sul fatto di voler puntare sui giovani e hanno detto che vedevano in me un possibile progetto. Nel momento in cui ho ricevuto il contratto e sono stato la prima firma per la stagione 2022/2023 è come se tutto quello che mi avessero detto si fosse concretizzato, quindi ho sentito una grandissima fiducia in me e in quello che poi sarà il futuro”.

Proprio l'arrivo del nuovo capo allenatore – lo statunitense Matt Brase – ha segnato una svolta per il nostro campionato. Il suo gioco, molto vicino a quello del college basketball o proposto in NBA da Mike D'Antoni, sta cambiando un po' la concezione di come abbiamo sempre visto qui in Europa la pallacanestro; i ritmi alti, il tiro da tre come costante e un movimento del pallone repentino hanno portato l'Openjobmetis Varese ad essere una delle squadre più divertenti e sorprendenti della Serie A UnipolSai.

“Devo ammettere che all'inizio dell'anno c'era un po' di scetticismo, ovverosia era strano vedere questo approccio sia durante gli allenamenti sia nel post-allenamento tra giocatori, staff tecnico e dirigenti. L'idea di Varese ad inizio anno era quella di creare una sorta di famiglia in cui si possa lavorare bene, in cui non ci sia la paura di uno che ha un grado “maggiore” del mio: nel senso che cercano di dare a tutti lo stesso spazio e la stessa importanza, di mettere tutti a proprio agio e in condizione di dare il meglio. Stiamo trasmettendo un modo di giocare differente ed era proprio quello che avevano in mente (Luis) Scola e l'allenatore all'inizio dell'anno; questa rivoluzione – a me in primis – piace molto, perché appunto secondo me bisogna stare al passo con i tempi e lo abbiamo già visto negli ultimi vent'anni in NBA quanto sia cambiato il basket. La loro idea era quella di portare qui in Italia quel tipo di pallacanestro e per come sta andando la stagione è stato un ottimo azzardo. Per quanto riguarda gli allenamenti si cerca di tenere sempre ritmi molto elevati e di giocare nella stessa maniera: pensare sempre all'azione successiva, non soffermarsi sull'errore ma comprenderlo e poi agire di conseguenza”.

Ulteriore dimostrazione di come Varese voglia sviluppare i giovani mettendoli fin da subito in condizione di allenarsi e giocare con i più grandi è rappresentata dal debutto in massima serie di Matteo Librizzi, Nicolò Virginio e Wei Lun Zhao. Questi sono stati anche protagonisti dell'edizione 2022 della IBSA Next Gen Cup vinta proprio dalla squadra lombarda e che ha visto Librizzi autore di due record in una Final Four – 38 punti segnati e 47 di valutazione nella semifinale – e Zhao premiato come MVP.

“Secondo me la parte più difficile nel dare fiducia ai giovani è che non ci si deve aspettare che alla loro prima partita facciano tutto perfetto. La cosa di cui abbiamo più bisogno è di fare esperienza e di sbagliare senza avere paura di non vedere più il campo; bisogna essere più fiduciosi e capire che abbiamo un'età e un'esperienza ridotta. L'esperienza della Next Gen l'anno scorso l'ho potuta vivere solamente alle Final Four, però per come l'ho vissuta io posso dire che è stata un'esperienza bellissima. Sembrava proprio che le squadre ed i giocatori fossero seguiti allo stesso modo di come accade in Serie A e quindi questo ti dava la carica, ti gasava perché ti sentivi più importante a giocare queste partite rispetto ad altre. Il rapporto con la squadra della scorsa edizione è stato super: io e Nicolò (Virginio) siamo quelli che l'hanno vissuta un po' meno rispetto a Wei (Lun Zhao), ma sono comunque compagni e persone che conosco da sempre e che vedo fuori dal campo; perciò non c'è stato nemmeno bisogno di doversi adeguare alla squadra perché mi sono sempre sentito parte di essa ed infatti i risultati si sono visti. La Next Gen è stata un'esperienza molto positiva che potendo rifarei molto volentieri”.

Fuori dal campo Matteo rimane il ragazzo che si vede anche sul parquet: determinato, audace e con grandi ambizioni, ma sicuramente conscio della strada che ha di fronte. È un amante della storia, tuttavia non rimane legato a ciò che è accaduto in passato e vuole sempre vedere il progresso in ogni cosa; gli piace la filosofia ma non rimane teorico sulla pallacanestro, anzi si lega alla perfezione con la filosofia della società che vuole spingersi sempre di più verso il futuro.

“Se dovessi scegliere un diverso periodo storico in cui vivere ne prenderei uno di grandi cambiamenti, dove si può respirare aria fresca di innovazioni e per questo vivere ai tempi nostri non è per niente male, soprattutto dal punto di vista tecnologico e delle nuove invenzioni a me piace molto. A me piacciono molto le macchine e per questo vedere oggi macchine elettriche o macchine con schermi enormi mi affascina un sacco. Parlando proprio del discorso innovazione anche la mia routine pre-partita risente dei vari cambiamenti e per questo è molto particolare. Noi lavoriamo a gruppi, nel senso che arriviamo scaglionati al palazzetto: io e Nicolò (Virginio) siamo i primi ad arrivare, quindi circa due ore e mezza prima della partita; la prima mezz'oretta resto in sala fisioterapisti proprio perché li conosco da sempre e sono cresciuto con loro mi fermo a chiacchierare e mi prendo un caffé per essere carico. Successivamente inizio il riscaldamento con il preparatore atletico, dopodiché facciamo degli individuali con coach Galbiati – sempre io e Nicolò assieme – che durano circa una ventina di minuti; poi faccio del lavoro per la caviglia che mi sono infortunato ad inizio anno, perché soffro abbastanza i problemi alle caviglie. Proseguo con del ball-handling con un membro dello staff che ci aiuta e poi dopo in spogliatoio guardiamo un video in preparazione della partita che va in loop: qui io cerco di studiarlo bene e di memorizzare tutte le cose fondamentali; infine discorso pre-partita e si va in campo per la ruota. Non posso mettere io la musica perché sono uno dei più giovani e quindi mi adeguo alla scelta dei compagni più grandi (ride, ndr), però quando andiamo in trasferta ascolto musica rap e trap che mi gasa prima della partita”.

Steve Jobs diceva: “Siate folli, siate affamati”. Nella vita un po' di sana follia può servire a prendere determinate decisioni o nel caso di Matteo Librizzi ad affrontare giocatori più dotati fisicamente. Non sono certamente l'altezza e il peso a definire una persona, ma il carattere e l'ambizione che si possiede nella strada verso l'obiettivo finale.

“Bisogna avere tanta dose di follia ed essere sicuri di se stessi al mille per mille, perché gli esperti e i tifosi tendono a sentirsi più sicuri nel vedere un ragazzo di due metri, il classico gigante che schiaccia e stoppa. Serve sempre dare quel qualcosa in più che gli altri non danno e noi dobbiamo sfruttare le nostre qualità: siamo più bassi, più piccoli, però appunto siamo più agili possiamo fregarti in velocità con il palleggio arresto e tiro; quindi anche noi abbiamo delle qualità migliori rispetto agli altri e dobbiamo giocare con ciò che abbiamo e accettarsi. Quindi serve tantissima dose di follia. Il giocatore che adoro di più è LeBron James, anche se non è il tipo di giocatore che posso diventare io per doti fisiche ed atletiche però mi piace da morire”.

In fondo la pallacanestro è un mezzo per esprimersi, ma una volta terminato il viaggio ci saranno infiniti modi per comunicare le proprie sensazioni. Un giorno quella sfera arancione tra le mani peserà come un macigno, così come il corpo e quelli potrebbero essere i segnali che ti aiuteranno a capire quando dire basta. Quando arriverà il momento di salutarsi e dirsi arrivederci ci incontreremo tutti quanti al baretto su una spiaggia in Portogallo e ci racconteremo tutti i momenti belli trascorsi insieme, proprio come vorrebbe Matteo.

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